Le sfide della comunicazione online

15 Gennaio 2019

Tempo di lettura: 2 min.

La relazione tra genitorialità e rete rappresenta indubbiamente uno degli scenari più importanti nella configurazione delle famiglie contemporanee e su cui è necessario costruire nuove forme di governance e di relazioni educative.

La rete, con i suoi spazi di accesso all’informazione e alla comunicazione, dai siti web ai social network, non è soltanto un “nuovo dispositivo” che entra negli spazi domestici, nelle configurazioni familiari come qualsiasi altro elettrodomestico o oggetto elettronico, ma è più propriamente una “dimensione”, un “ambiente” che contribuisce al cambiamento radicale, spesso al ribaltamento dell’intera sfera comunicativa. In questo contesto, diventa ancora più centrale la riflessione educativa che pongono oggi le interazioni online, che spesso rischiano di essere poco “social”, se assumono derive di prepotenze verbali, di discriminazioni verso ogni tipo di diversità.

Considerando comunicazione e comportamento come sinonimi, nel senso che tra due individui qualunque il comportamento – incluso il silenzio – ha un valore comunicativo («è impossibile non comunicare», primo assioma della comunicazione) ed è efficace nel modificare il comportamento e le aspettative del ricevente, la comunicazione risulta, perciò, fondamentale sia per i contenuti trasmessi, ma ancora più per le modalità attraverso cui sono veicolati. Nell’origine di questa fondamentale attitudine umana è rintracciabile una precisa idea di partecipazione, di atto sociale e reciproco mediato dall’uso di simboli significativi tra individui e gruppi diversi.

La sua stessa etimologia richiama il significato di “rendere comune, condividere”, di costruire comunità/società. Il linguaggio è la proprietà che ci rende umani, e siamo tali perché abbiamo il dono della parola: attraverso questa capacità intessiamo relazioni, conosciamo, esprimiamo nel mondo chi siamo, ovvero agiamo la nostra libertà e il nostro diritto di cittadinanza. Potremmo dire, dunque, che la tanto attuale espressione, che scatena passioni o demonizzazioni, ovvero social network, «rete sociale», non è nata con internet, ma è fondativa dell’essere umano, così come lo stare in rete, in contatto con gli altri, i nostri simili.

Abitare la rete, dunque, è una competenza che si apprende nella “vita analogica”, quotidiana, attraverso processi formativi: i giovani, i bambini e le bambine neoconnessi, hanno bisogno di adulti capaci di costruire spazi e strumenti di riflessione critica, di adulti che si pongono come guide per indicare direzioni, per costruire significati di azioni anche nelle vite on-line, piuttosto che di censori che vietano di esplorare, di partecipare alla pluralità di essere nel mondo.

Parole Ostili, il progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole rinforza questa direzione pedagogica, cogliendo l’occasione che dà la Rete con le sue caratteristiche, per rimettere al centro la riflessione sull’uso delle parole, sulla necessità umana, di continuare a rifondare un’etica della comunicazione, dall’analogico al digitale.

Le parole hanno un potere grande: danno forma al pensiero, trasmettono conoscenza, aiutano a cooperare, costruiscono visioni, incantano, guariscono e fanno innamorare. Ma le parole possono anche ferire, offendere, calunniare, ingannare, distruggere, emarginare, negando con questo l’umanità stessa di noi parlanti.

L’alto compito educativo di ogni genitore, insegnante, educatore è, da un lato, incoraggiare i giovani a riflettere sulle scelte che si compiono nello stare con gli altri, nel partecipare, sia questo in spazi reali o virtuali e quali ricadute hanno, tali scelte, sugli altri; dall’altro è garantire che ogni bambino e bambina sia socializzato agli emergenti standard etici che dovrebbero formare le sue pratiche di creatore di media e partecipante alle comunità online, rendendolo cittadino attento e attivo in ogni contesto di vita. «Virtuale è reale», come recita il primo punto del manifesto per la comunicazione non ostile.

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