Le fake news spiegate a mia figlia

14 Aprile 2020

Tempo di lettura: 4 min.

Per lavoro, spesso devo parlare di informazione in rete e di come verificare se siano corrette o meno. Quando inizio una lezione a volte uso un aneddoto sui miei figli: se mi riportano una notizia letta in rete, il più grande, diciottenne, mi dice “L’ha detta il prof. Pico de Paperis sul sito Topolinia News”, specificando chi l’ha scritta e dove, il quindicenne: “L’ho letto su Wikipedia”, accontentandosi del sito, mentre per la piccola “Lo dice internet!” basta a differenziare se è l’informazione online o se viene da scuola, da un libro o altro.
È un esempio che faccio spesso perché aiuta a capire come per ogni fascia di età ci sia un livello di conoscenza adeguato, che matura anno per anno.

Non chiedevo a mia figlia piccola di dettagliare le fonti, anche perché fino a ieri le ero accanto quando navigava in rete, e la conducevo io su siti sicuri e adeguati all’età. Per lei, il problema di informazioni false o fuorvianti non si è mai presentato.

Adesso, seppur la sua autonomia sia solo leggermente superiore rispetto a un mese fa, succede che stia online anche da sola, e un fatto particolare mi ha portato a dover approfondire il discorso.

La settimana scorsa stava facendo una video lezione e con le maestre hanno ascoltato una filastrocca sul Coronavirus sul sito di una casa editrice, parlandone poi assieme. Terminata la lezione l’ha riascoltata da sola (io facevo una mia lezione nella stanza accanto), e ha trovato alcune schede informative – sempre per bambini – sul Coronavirus. Poi ha chiuso tutto ed è andata a giocare.

Qualche ora dopo l’ho trovata in silenzio sul divano con gli occhi umidi, mi si è raggomitolata contro e si è messa a piangere mugugnando “Non voglio che il nonno e la nonna muoiano! Io non voglio essere responsabile della loro morte!”. Eppure in questo mese abbiamo spesso parlato di Covid, della quarantena come prevenzione per la salute nostra e di chi avevamo attorno, e si era sempre dimostrata tranquilla e collaborativa.

Cosa aveva potuto scatenare una reazione così forte?

Dopo una buona dose di coccole e chiarimenti, ho rintracciato il sito e la pagina che aveva letto per capire cosa fosse successo e ho trovato la frase che, per quanto assolutamente veritiera, l’aveva colpita oltremodo: si spiegava infatti che i bambini possono essere contagiati dal virus e non manifestare sintomi, quindi tornare a casa e infettare genitori o nonni su cui la malattia avrebbe prodotto ben altri effetti.

Ho dunque deciso di dedicare tempo a parlare con lei delle informazioni in rete. A otto anni un bambino ha abbastanza chiaro che in rete circolino anche cose false (“lo fanno per prendere più like”, dice lei), ma, al contrario di ciò che accade con Pinocchio, non vediamo un naso che cresce a indicarci le bugie.

Non solo: il lupo di Cappuccetto Rosso si camuffa da nonna per potersi mangiare la bambina, e allo stesso modo in rete troviamo cose che sembrano vere ma non lo sono, o nascondono qualche elemento fasullo. Come per gli adulti, anche per i bambini è difficile capire che a volte le cose non sono solo “vere” o “false”, ma ci sono situazioni intermedie dove le notizie possono essere vere ma diffuse con lo scopo di fare dei danni, o magari riferite ad altre situazioni, ci sono informazioni verosimili ma che vere proprio non sono, ci sono notizie false, ma riportate in buonafede, incentivando un circolo cui è difficile porre fine. In termini tecnici queste categorie vengono definite misinformazione, mala informazione e disinformazione.

[Ecco qui qualche informazione (!) per i genitori che vogliano saperne di più, prima di parlarne con i propri figli.]

Ma il discorso per i bambini è ancor più complesso. Nel caso raccontato, la notizia era vera, ma mia figlia a otto anni non ha ancora le capacità di ricondurre l’informazione al reale valore: il fatto che i bambini possano essere “portatori sani” e infettare gli adulti è vero, ma non significa necessariamente che tutti i bambini trasmettano il virus ai propri nonni, senza che si possa intervenire. Fosse stato un film, il testo letto da mia figlia avrebbe avuto una faccina gialla e un’indicazione “la visione (o lettura) di questo testo è adeguata ai bambini se accompagnati da adulti”.

Se in questo periodo i bambini navigano in rete più frequentemente da soli, è utile anticipare attraverso il gioco una riflessione sulla complessità della rete. Su Generazioni Connesse, un sito finanziato dal Ministero dell’Istruzione in Collaborazione con l’Unione Europea, vi sono diverse attività pensate per la scuola che possono essere utili ai genitori.

Un esempio sono queste attività dei “Supererrori”, con video e riflessioni su comportamenti non adeguati alla rete. Ma cercando per argomento o fasce di età è possibile trovare altro materiale. È interessante anche il percorso di cittadinanza digitale consapevole di “Programma il futuro”, mirato alla fascia di età della scuola primaria.
Segnalo infine, per i più grandi, il progetto di Google su “Internet sicuro”, dove è anche disponibile Interland, un gioco su sicurezza e informazioni in rete.

Un ultimo suggerimento è quello di ritagliarsi un momento, magari prima di cena a fine giornata, in cui chiedere ai propri figli cosa hanno scoperto in rete, parlare delle informazioni apprese e verificare non solo la correttezza, ma anche l’effetto che stanno facendo su di loro e sul loro equilibrio psicologico. Ciò che sta accadendo ha portato uno stravolgimento anche nelle loro vite, e si trovano a gestire informazioni (e ansie) che normalmente avrebbero appreso con tempi più rilassati e maggiore tranquillità.

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